PARACINESI E MALETESTE

Il signor Malatesta, uomo dalle troppe certezzeIn calce all’articolo di Stefano Malatesta su Lawrence d’Arabia (La Repubblica 27/04/2008)

Le lezioni di storia possono essere una gran bella cosa per chi fruga nel passato a caccia di vicende accattivanti da tradurre in narrativa. Quando poi le lezioni di storia accompagnano l’uscita di un romanzo storico, verrebbe da ringraziare lo spirito di servizio di chi ce le elargisce. Tanto più che un personaggio ambiguo e discusso come T.E. Lawrence, protagonista di Stella del mattino, ha senz’altro bisogno di essere inquadrato a uso e consumo dei lettori italiani, che magari lo conoscono solo per il famoso kolossal di David Lean e poco altro.

Il problema si pone quando le lezioni di storia sono sbagliate. Ovvero quando si basano su argomentazioni di mezzo secolo fa, ampiamente superate dal dibattito storiografico successivo.

Per quanto riguarda Lawrence d’Arabia sembra proprio che le cose stiano così. Se si legge la postfazione all’edizione italiana de I Sette Pilastri della Saggezza (scritta da Nemi D’Agostino nel 1974 e mai aggiornata dall’editore) o l’articolo di Stefano Malatesta (nella foto) che accompagnava l’anticipazione di Stella del mattino sulle pagine di “Repubblica”, la sensazione è di trovarsi negli anni Cinquanta del secolo scorso.
Wow! Abbiamo scoperto che Lawrence era un millantatore, un cacciaballe, un romanziere che ha costruito a posteriori la propria gloria con un’abile operazione letteraria!

Questo scoop è di Richard Aldington, autore nel 1955 di una celeberrima antibiografia dell’eroe del deserto: Lawrence of Arabia, a Biographical Inquiry.
A quel tempo il mito di Lawrence d’Arabia era ancora ben saldo nell’immaginario collettivo e il testo di Aldington sollevò un polverone enorme. Aldington demoliva sistematicamente ogni aspetto della vicenda eroica di Lawrence e rivelava la partecipazione del diretto interessato alla stesura delle agiografie sul proprio conto. In sostanza denunciava un complotto orchestrato da Lawrence e dai suoi sodali, finalizzato a mitizzare Lawrence stesso e a coprire con un’avvincente favola esotica le responsabilità dell’establishment inglese nello scenario principale della guerra: il fronte occidentale.

Per molti versi l’opera di Aldington precorreva i tempi, se non altro perché una storiografia seria su quanto era accaduto in Medio Oriente durante il Primo conflitto mondiale si sviluppò soltanto dopo. Tuttavia da allora sono successe parecchie cose, la ricerca è proseguita, sono uscite altre biografie critiche, studi storici, nuova documentazione, film, etc.

Di tutta questa produzione sembra proprio che i commentatori italiani siano all’oscuro (con alcune significative eccezioni, ovviamente). Di sicuro sembra esserne all’oscuro Stefano Malatesta che sulle pagine culturali del secondo quotidiano italiano ripropone pari pari le tesi di cinquant’anni fa e prende il libro di Aldington come pietra miliare indiscussa. Invece la pietra è discussa eccome, tant’è che oggi nessuno – è il caso di ripeterlo: nessuno – nei paesi anglofoni si sognerebbe di presentare la biografia scritta da Aldington come una ricerca obiettiva. Anzi, se c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo è che Aldington personalizzò parecchio il proprio lavoro, si autoinvestì di una missione etica, riversandovi l’astio e l’insofferenza verso lo pseudo-eroe osannato da tutti. Aldington ebbe il merito di cogliere l’operazione ideologica, politica (il mascheramento degli orrori della Prima guerra mondiale) che si celava dietro la costruzione di Lawrence d’Arabia come divo. Ma lo fece con la scarsa lucidità e il dente avvelenato del reduce della Somme intossicato dai gas, e questo lo portò a prendere anche colossali cantonate.

Basta leggere il libro di F.D. Crawford, Richard Aldington & Lawrence of Arabia (1998), che ricostruisce la storia del dibattito sorto intorno al lavoro di Aldington, per rendersi conto di come la storiografia sia approdata a posizioni molto meno lapidarie e assai più “relative” delle sue.
Ma sarebbe anche solo sufficiente leggere la bellissima biografia scritta dallo psichiatra americano John E. Mack, A Prince of Our Disorder (premio Pulitzer 1977), per mettere in discussione l’idea di una ferrea coerenza attoriale di Lawerence e cogliere meglio gli aspetti contraddittori e patologici della sua personalità. Oppure si potrebbe semplicemente tenere presente che quando nel 1968 gli archivi militari sono divenuti accessibili, hanno rivelato i rapporti segreti di Lawrence all’Alto Comando britannico e un ruolo di agente di collegamento assai meno aleatorio di quanto pretendesse Aldington.

Non solo: nel mezzo secolo intercorso si è affacciato nel dibattito su Lawrence il punto di vista degli storiografi arabi. Imprescindibile, per citare il più famoso, è il lavoro di Suleiman Mousa, T.E. Lawrence, An Arab View (1966), che già negli anni Sessanta ridimensionava il ruolo avuto dall’ufficiale britannico e rivendicava la natura “araba” della rivolta. Per non dire dei discendenti del capo militare Auda Abu Tayi, che oggi siedono al parlamento giordano e hanno una propria versione dei fatti. Destinati a essere i convitati di pietra nella discussione sulla propria storia, gli arabi esprimono una posizione critica ulteriore e diversa dalle parti in causa occidentali. Viene da chiedersi come reagirebbero davanti all’articolo dello “pseudo-Aldington” Stefano Malatesta che liquida la rivolta araba come “pura invenzione”.
Chissà se nei paesi arabi si usa fare le pernacchie.

Si potrebbe continuare a lungo, ma fermiamoci qui, perché a questo punto una domanda sorge spontanea: c’è qualcosa di più irritante della sicumera di un commentatore storico male informato e non aggiornato?

La risposta è sì: un commentatore storico che chiosa un romanzo non letto.

Sì, perché almeno in un passaggio del suo anacronistico excursus Malatesta lascia intendere di avere letto il romanzo. E’ quando sostiene che il collettivo dei “paracinesi” riporterebbe “come verità indiscussa” la conquista di Damasco da parte degli arabi nell’ottobre del 1918 – evento del tutto immaginario, Aldington dixit.

Ora, lasciamo stare il fatto che si tratta di un romanzo solista e quindi gli eventuali attacchi nel merito della storia andrebbero portati contro uno di noi e non contro tutti. E lasciamo anche stare che Stella del mattino è un romanzo, quindi appunto romanza la storia, non pretende di raccontarla fedelmente. Ma se Malatesta avesse davvero letto il libro, si sarebbe accorto che Stella del mattino non fornisce affatto una “verità indiscussa” sulle imprese di Lawrence, ma anzi, tratta proprio della sua ambiguità e della costruzione a tavolino del mito dell’eroe. Perdendo qualche ora sulle pagine suddette, Malatesta si sarebbe addirittura accorto che uno dei protagonisti incarna proprio le posizioni di Richard Aldington a lui tanto care.

Infine, se proprio dovessimo seguire Malatesta nell’usare la storiografia come parametro di giudizio per la narrativa, la questione si rivelerebbe per lui ancora più imbarazzante. Infatti i capitoli di Stella del mattino in cui si parla della presa di Damasco non negano che – come afferma Malatesta nell’articolo – “a sconfiggere i turchi erano stati gli australiani”. Questo per il semplice motivo che nessuno, nemmeno Lawrence, ha mai potuto negarlo. La diatriba fu un’altra: si trattò di dimostrare chi per primo fosse entrato in città da liberatore (se gli australiani o gli arabi), e fu una questione talmente delicata e dirimente per le sorti politiche della Siria che venne trascinata fino al tavolo di pace di Parigi nel 1919.

E’ a questo che si allude nelle pagine di Stella del mattino, come potrà constatare chiunque avrà voglia di leggere il romanzo.
Mal di testa e male teste permettendo.

Buona lettura.

Wu Ming 4

5 Responses to “PARACINESI E MALETESTE”

  1. Giacomo Brunoro Says:

    Molto interessante, davvero. Putroppo il vizio di molti giornalisti è quello di parlare a vanvera, credendo di essere investiti di un non meglio precisato principio di autorità a priori. E questo è dimostrato dal fatto che è rarissimo notare un giornalista o un giornale scusarsi per le eventuali bufale pubblicate. A volte poi si corre il rischio inverso: credere che un romanzo storico (o un film basato su avvenimenti storici) sia un documento storico tour court. Ma questo è già più comprensibile, dato che si verifica di solito in chi non ha gli strumenti culturali per capire certe differeneze. Resta l’enorme sic! sullo stato del giornalismo in Italia…

  2. Gabriele Says:

    Complimenti, però: che vi aspettavate da un giornale come Repubblica, che ha fatto di cialtroneria e malafede – corredate del millantato credito di giornale più letto – il suo limpido marchio di fabbrica (vedi i rapimenti di bambini, le amache di Serra, i pensosi fondi di Citati Galimberti ecc. ecc.)?

  3. WM1 Says:

    Capisco quello che vuoi dire, quando mi cade l’occhio sulle terrificanti trombonate di Citati mi vengono impulsi da Vlad l’Impalatore, però noi ci atteniamo al principio della responsabilità individuale, contro la “colpevolezza per contiguità”: le fesserie scritte da Malatesta sono attribuibili solo a lui e non ad altri.

  4. Wu Ming 4 Says:

    La cosa è ancora più spiacevole perché personalmente pensavo che Malatesta fosse un tipo più serio e quando ho saputo che del mio romanzo avrebbe scritto lui mi ero rincuorato. In effetti Repubblica è quello che è, ma in mezzo a tanta paccottiglia capita anche di trovare qualche articolo meritevole. Ecco, speravo che la recensione di Malatesta potesse essere uno di quelli. Invece non ha scritto una recensione, ha fornito un bignamino di storia e pure obsoleto.
    Nel mio commento non ho voluto infierire più di tanto, ma ti assicuro che più penso al dibattito “lawrenceano” degli ultimi dieci anni in Gran Bretagna, più il pezzo in questione suona ridicolo. Se poi leggo le recensioni curate e puntuali del romanzo che si trovano in rete mi viene da pensare ai molti usi alternativi della carta stampata.

  5. Stella del mattino » Blog Archive » E Lawrence d’ Arabia sconvolse Oxford - Il “Corriere della sera” su SDM Says:

    [...] con uomini da cui si fa fustigare. Sulla valutazione della figura di Lawrence, del resto, Wu Ming 4 ha aperto una polemica contro quanti continuano a ritenerlo uno sbruffone, una leggenda posticcia e fasulla, invitando a [...]

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