Cos’è un epilogo?
Pensierino domenicale.
Ascolto un tizio parlare (male) di Altai su una radio locale. Le rimostranze partono dalla scritta sulla fascetta: “Quindici anni dopo l’epilogo di Q“. Con sarcasmo e una risatina repressa a screziare la voce, il tizio fa notare che in realtà dall’uscita di Q sono passati dieci anni, non quindici.
Dopodiché, parte ad analizzare il romanzo e dice: “Siamo nel 1569, sono passati quindici anni dall’antefatto di Q e…”
Non si accorge di cosa non va, non sembra avvertire l’incongruenza.
Rimango perplesso. A parte il fatto che la fascetta non fa parte del libro e non si capisce perché “recensirla” (ragazzi, queste cose capitano proprio solo a noi), c’è proprio qualcosa che non torna, che stride forte.
Prendo lo Zingarelli, cerco la parola e leggo:
“Epilogo s.m. 1 Parte conclusiva di un dramma o di altre opere letterarie [...]”
L’epilogo di Q (non è un “antefatto”, gli antefatti sono gli eventi avvenuti prima dell’inizio) si svolgeva a Istanbul nel 1555. C’era proprio scritto: “Epilogo. Istanbul 1555″.
La fascetta dice: “Quindici anni dopo l’epilogo di Q“. E infatti la trama di Altai comincia negli ultimi mesi del 1569.
Quindi dov’è il problema?
Boh.
Avrei capito la critica se ci fosse una virgola: “Quindici anni dopo, l’epilogo di Q“.
Ma non c’è nessuna virgola. Non dice che Altai è l’epilogo di Q. Dice che si svolge quindici anni dopo l’epilogo di Q.
Sì, mi sa che è andata proprio così. Ha visto una virgola che non c’è, perché voleva vederla*. Un pre-concetto.
Una frase di sei parole, scritta in grande, e l’ha letta in modo scazzato. Non solo: ci ha costruito sopra un’argomentazione, senza una seconda occhiata.
Figurarsi come deve aver letto il libro…