Adriano Prosperi presenta Altai sulle pagine di Repubblica
martedì 17 novembre 2009
Nel mondo di “Q” dieci anni dopo
La prima opera collettiva, firmata “Luther Blissett” è stata un best-seller da 700 mila copie
Il falco del titolo attraversa le lingue e le identità del Mediterraneo fino allo scontro di Lepanto
Dopo il romanzo su l´Europa eretica del ‘500, esce ora “Altai”, il seguito di una storia che affronta i marrani e la loro persecuzione
ADRIANO PROSPERI
Il nuovo romanzo dell’autore collettivo che si è dato il nome di Wu Ming – Altai – riannoda coi suoi lettori i fili del rapporto iniziato dieci anni fa con Q. Ritroviamo il mondo degli eretici del Cinquecento italiano in quel Tiziano che (forse) sfuggì anche alla potente Inquisizione romana. Come l’invecchiato D’Artagnan di Vent’anni dopo, anche lui continua qui la sua battaglia: e promette di portarci ancora più lontano della Costantinopoli dove lo incontriamo. Questi dieci anni hanno cambiato le prospettive, quelle del mondo storico del ‘500 come quelle della nostra storia d’oggi che in quello scenario si riflette e si ripensa: al confronto tra Italia ed Europa si è sostituito quello tra Europa e Turchia, a quello tra cattolicesimo e Riforma il conflitto tra cristiani e Islam, sullo sfondo di una presenza decisiva degli ebrei e del loro progetto statale in Palestina. Se il romanzo è uno specchio che ci accompagna nel cammino, come diceva Stendhal, nello specchio di Altai (Einaudi, pagg. 420, euro 19,50) appaiono in controluce paesaggi del nostro tempo. Nel romanzo di allora c’era un’Italia che divorziava dall’Europa protestante; qui lo sguardo acuto del falco segue vittime e carnefici dello scontro di civiltà nato nello spazio del Mediterraneo e che lì continua ad avere la sua radice.
Ma questo è prima di tutto un romanzo storico: una narrazione che mescola vero e inventato collocando le invenzioni sullo sfondo di ciò che si sa di altri tempi. Chi legge un romanzo storico va in cerca di una verità diversa da quella che si aspetta da un libro di storia. Il romanziere riporta i morti a una vita fittizia, fatta di esperienze e di sentimenti in atto, ancora aperti al mutamento: e li deve però comporre entro un passato storico noto e già compiuto. Si apre così un gioco tra la vita che non conosce ciò che accadrà e i destini individuali e collettivi come disegno ormai svelato dal tempo. Lo storico ha modi e mezzi diversi, non conciliabili con quelli del romanziere, come Alessandro Manzoni finì col riconoscere: gli è vietata l’invenzione. Il che non gli impedisce però di percorrere insieme al romanziere un tratto di strada comune: quello del tentativo di capire, di farsi uomo d’altri tempi, di compiere un viaggio nel regno dei morti. La vita reinventata dal romanziere gli può far scoprire la povertà delle domande che pone alle sue fonti.
I protagonisti di Altai si spostano continuamente in un Mediterraneo più complicato e più crudele di quello che Fernand Braudel provò a raccontare in un libro un tempo celebre – un libro dopotutto molto francese e molto europeo. Quei calendari diversi che ritmano i capitoli del romanzo, quelle lingue franche dei dialoghi – l’italiano e lo spagnolo, il veneziano, il turco, il «giudesmo» – sono un buon reagente per il vizio dell’etnocentrismo. C’è voluta una paziente ricerca per rendere gli autori capaci di immaginare e raccontare la prodigiosa ricchezza di differenze di quel mondo mediterraneo. Ma c’è voluta la violenza religiosa e razziale dei tempi nostri per portarli ad affrontare coi loro mezzi una questione chiave di quel mondo e del nostro: gli ebrei, la loro identità in un mondo diviso tra cristiani e mussulmani.
I protagonisti di questa storia sono i marrani. Perfino il nome – un insulto spagnolo – è un po’ misterioso, così come è sfuggente la realtà di individui e di gruppi umani riassunta qui nella malcerta coscienza di sé del personaggio narrante di questo romanzo. Il dramma dei marrani è descritto nel continuo mutare di nome e di luogo. Basta che sia esistita una madre ebraica perché le certezze di una vita normale siano distrutte e si apra una ricerca pericolosa e inquieta verso mondi remoti, verso l’eredità dimenticata di una religione e di una Terra Promessa. E il motore che trasforma questa fuga in un ritorno è l’odio del mondo cristiano.
La realtà storica presta al romanzo figure di persone vissute e di vicende realmente romanzesche ben note negli studi: per esempio quella dell’ebrea Gracia Nasi espulsa dalla Spagna, battezzata e diventata la cristiana Beatriz De Luna, esule via via dalla Spagna al Portogallo e ai Paesi Bassi, da Anversa a Venezia. L’ultima stazione del viaggio, quella dove fermarsi e riprendere il nome ebraico, fu per lei Costantinopoli, la Istanbul capitale del tollerante Impero Ottomano che accolse anche eretici e transfughi cristiani. Quello di Gracia Nasi è un caso esemplare del percorso a cui i marrani furono obbligati dai sentimenti di odio e di paura diffusi da vecchi e nuovi poteri politici e religiosi. Un merito del romanzo, oltre a quello di far assaporare da vicino la vita vissuta delle città del Mediterraneo, è quello di suggerire nella vicenda del protagonista un fenomeno storico di più ampia portata: quello del contributo della persecuzione alla conservazione dell’identità ebraica. L’ossessione del pericolo ebraico e la sua enfatizzazione per scopi di potere spinse allora a vedere segrete sopravvivenze di giudaizzanti anche dove non c’erano, costringendo spesso i perseguitati a prendere una diversa coscienza di sé. I processi avviatisi allora dovevano avere lunga durata. E’ un fatto che il movimento di ritorno ebraico alla religione e alla terra dei padri si intensificò a partire dall’espulsione dalla Spagna nel 1492 per compiersi tardivamente e in modo ancora problematico nel ‘900. E nel razzismo antisemita della Shoah si ravvisa l´esito maturo di una violenza avviata coi pogrom e coi battesimi forzati di allora, continuata poi con l’instancabile persecuzione di chi vide nel sangue degli ebrei e non nella loro religione la radice di una differenza eliminabile solo coi roghi. Una ricerca recente sulle carte dell´Inquisizione ha mostrato per esempio che ancora alla fine del ’600 il villaggio contadino di Carção sulle montagne del Portogallo fu devastato da processi e roghi per la scoperta di una presunta comunità segreta di ebrei. Se l’identità dei marrani è una fede del ricordo, come ha scritto lo storico Nathan Wachtel, quel ricordo fu condizionato e costretto da una cultura europea e cristiana che, divisa al suo interno, fu concorde nell´individuare nell’ebreo il capro espiatorio delle sue paure. Il punto d’arrivo della storia e del romanzo è la battaglia di Lepanto. Da lì il paesaggio cambia, l’eretico sopravvissuto partirà verso le lontane prospettive orientali suggerite dal titolo, mentre in Europa le bandiere mussulmane adorneranno le chiese accanto agli abitelli degli eretici e dei marrani penitenziati. Storie lontane. Ma ancora oggi qualcosa di quella storia rallenta e ostacola l’ingresso della Turchia nell´Unione Europea. C´è di che credere a chi dice che l’Europa ha un’identità cristiana.