[Sul sito del TgCom (!) Maria Rosaria Iovinella recensisce Altai. A integrazione dell'articolo, un'intervista a noialtri stesa su tre schermate, in cui diciamo cose che, immodestamente, riteniamo di qualche interesse (almeno alcune)...]
ALTAI, IL “NON SEGUITO” DI CLASSE
Prova di forza letteraria per Wu Ming
Con “Altai”, ultimo lavoro edito per Einaudi, Wu Ming, collettivo di scrittori giunto alla fama con lo pseudonimo Luther Blissett, torna con un romanzo storico ad alto impatto, segno di una continuità di successo, pur nel cambiamento degli assetti interni e delle ambizioni letterarie. Con “Altai” compie una scommessa narrativa ma anche l’atto di una partita finale con il suo primo clamoroso successo, “Q”.
Muovendo dal desiderio di riconnettersi allo spazio temporale del primo libro, Wu Ming ripropone una vicenda storica complessa, spostando il baricentro degli eventi nel Mediterraneo delle contese tra Venezia e Costantinopoli. Il biennio di eventi politici e militari tra il 1569 e il 1571, che culminerà nella battaglia di Lepanto , è palcoscenico per chi sogna l’utopia di una nuova Sion e per chi cerca, tra le pieghe della storia, il senso a una vita lacerata, piegata a disegni di più grande portata. Il protagonista del romanzo, Manuel Cardoso, compie un percorso di personale ricognizione storica e psicologica, cercando nella causa cipriota di Giuseppe Nasi, potente ebreo alla corte del Sultano, il riscatto di una vita dominata dalla mancata accettazione delle origini e da una distorta adesione alla logica di Stato.
Il legame col mondo di “Q” si rivelerà importante ma non decisivo, avallando la perfetta autonomia del romanzo: una scelta che fa onore a Wu Ming. Il pubblico che ha amato il primo romanzo non ne avrebbe compreso una contaminazione forzata con un seguito molto diverso per atmosfera e dinamiche. Con un andamento narrativo incalzante ma fluido, dotato di quella forza intrinseca che viene dalla capacità di gestire una materia vasta con un uso apparentemente semplice dei mezzi espressivi, “Altai” è un buon esempio di grandezza per sottrazione: più contratto dal punto di vista narrativo, suona disteso e polifonico pur essendo minore il numero dei protagonisti sulla scena. Peculiare si rivela l’osmosi intellettuale ed umana tra i protagonisti, forse la vera spina dorsale di un libro dove nessun personaggio rinuncia alla possibilità di schiudere all’altro un orizzonte di crescita umana e disvelamento culturale.
Solo apparentemente meno virtuosistico, conferma la capacità di unire in una miscela credibile la fiction con il vero storico; occhio ai dettagli e ai protagonisti “minori”: un antologico Mimi Reis, esempio del lavoro sulla lingua, atto a perseguire anche una rappresentazione credibile della koiné linguistica in uso nel Mediterraneo dell’ epoca; ai quadri singoli dotati di un forte lirismo ( la partenza del carrubo di Dana e lo struggimento interiore di Manuel), alle morali suscettibili di attualizzazione (la parabola di Ismail, il protagonista di “Q”, sulla difficoltà di conseguire fini virtuosi con un uso opportunistico dei mezzi). Finale con nessun vincitore e molti vinti; si salva solo chi riesce a costruirsi un’utopia altra, svincolata dalla logica fagocitante del Potere .
TgCom ha intervistato il collettivo: “Altai”, ma non solo. Prosegue qui.